È il primo settembre 2020, sono le 12:28 e ho appena preso un caffè allo stabilimento “Le Palme” di Falconara Marittima, amata cittadina marchigiana nella quale ho scritto la più parte delle pagine di questo libro che ora, posso dirlo, è virtualmente finito.
Virtualmente perché ci saranno ancora aggiustamenti, riletture, schematizzazioni e pure un capitolo finale da fare, ma è il primo vero momento in cui mi sento di dire “ce l’ho fatta”. Il lavoro di scrittura è stato rapido, compresso tra la seconda settimana di giugno e ora, con l’obiettivo di pubblicare ciò che ora avete davanti agli occhi entro ottobre 2020. Anno speciale, difficile, di sorprese, di emergenze, di cambiamento che ancora non sappiamo dove condurrà.
Con questo manuale ho voluto tentare di dire la mia in un momento così particolare della storia, non solo dell’insegnamento, ma di tutto. In momenti di pericolosa esaltazione mi sono sentito come i Blues Brothers, ossia “in missione per conto di Dio”, in altri di cupa preoccupazione mi sono chiesto “chi me l’ha fatto fare, servirà a qualcosa?”. Lo giudicherete voi.
Ancora oggi non mi è del tutto chiaro come, dopo i miei studi di design della comunicazione,
sia finito a diventare una sorta di “espertone” di innovazione didattica e, in sostanza, di e-Learning. Di certo hanno avuto un ruolo fondamentale le tante persone che ho incontrato lungo il mio percorso formativo e professionale, in primis Alberto Colorni, fondatore del Centro METID del Politecnico di Milano, dove nel 1999 la mia vita si è incanalata in questa direzione non pianificata. Dopo di lui Susanna Sancassani lo ha seguito alla guida dello stesso centro, poi mutatosi in “servizio”, oggi “task force”.
Posso dire di aver imparato moltissimo da entrambi, e di dovere loro molto. Altrettanto devo ai tanti colleghi e collaboratori che ho incontrato, in parte all’interno di quella struttura, in parte fuori, e con molti dei quali sono nate imperiture amicizie. Ho voluto farmi affiancare da molti di loro per compensare le tante inevitabili mancanze e gli errori dei quali questo libro ha rischiato (e rischia inevitabilmente tuttora) di essere colpevole.
A loro ho affidato infatti la revisione dei capitoli, a seconda delle competenze.
Il primo è Daniele “Camillo” Albricci, esperto videomaker e designer ancora in forze al METID, e pure responsabile della mia assunzione là dentro ai tempi, quando mi segnalò che cercavano “uno per fare dei siti e per insegnare a un master”. Lui ha rivisto il Capitolo 7 sui video, assieme a Giorgio Bordiga, anch’egli di analoghe competenze, e più recente e altrettanto prezioso amico. Un grazie anche a Flavio Bacci che nello stesso capitolo si è prestato a fare da modello nelle foto. A Gianfranco Elia, imprenditore digital di Mindly Consulting, ho affidato il Capitolo 6 su webinar e simili, e ammetto che il suo costante entusiasmo per il mio libro è stato corroborante. Altro socio della stessa piccola agguerrita azienda, Gabriele Cristini si è occupato del Capitolo 8 su piattaforme e LMS, in virtù della sua esperienza come Instructional Designer, tutor e tuttofare e-Learning da oltre vent’anni. Su tutt’altro piano, Sara Decalli, Coordinatrice pedagogica presso la scuola dell’infanzia “Maria Immacolata”, mi ha aperto nuove strade nell’attenta e impietosa revisione operata sul Capitolo 4, spingendo a un tratto l’intero libro in una nuova direzione. Sempre lei ha inoltre fornito alcune delle strepitose attività suggerite per le Scuole dell’infanzia nel Capitolo 15. Fabio Nascimbeni, Assistant Professor all’Universidad Internacional de La Rioja, ha smontato e rimontato con me il capitolo fondamentale per “la missione bluesbrothersiana” sull’open education. Simone Malan, designer per METID e musicista per il mondo, ha affrontato la e-Collaboration nel Capitolo 10. Luca Roncella, game designer del Museo della Scienza e della Tecnologia di Milano, non poteva che occuparsi di raddrizzare il capitolo sulla gamification, il 13. Alessandro Campi, docente di base di dati al Politecnico di Milano, ha messo gli occhi sul Capitolo 11, scovando tra l’altro una madornale inesattezza rispetto a una citazione. Sullo stesso capitolo ha fatto scendere il suo pacifico sguardo esperto Bruno Aliprandi, CEO di Engineering Associates, complice anche di alcune dritte molto geek sugli LMS del Capitolo 8. Pierfranco Ravotto (di AICA e caporedattore della rivista Bricks per la scuola) ha rivisto la storia per il Capitolo 2, il mio preferito e quello che più ho amato scrivere.
Molte altre persone, ma su tutte Eleonora Pantò (del Comune di Torino) sul ramo scuola e Marco Amicucci (di Skilla) su quello aziendale, mi hanno aiutato nel cruciale Capitolo 15: ricordo tra i supporter i docenti scolastici Dario Ianneci, Silvia Mattioli, Erasmo Modica e Silvia Bertani.
Stefano Menon, Instructional Designer, Project Manager, onnisciente e pragmatico collega
di una vita, con me prima a METID e poi alla Fondazione Politecnico di Milano, istituzione agile, atletica e poliedrica per cui dal 2012 lavoro e a cui anche devo davvero tantissimo, ha rivisto il Capitolo 12 sulle valutazioni.
Giulia Spettoli, editor di Apogeo, mi ha accompagnato con fredda e divertita pazienza durante tutta la stesura, facendomi sentire al tempo stesso controllato, guidato e accompagnato.
Con Fabio Brivio, responsabile editoriale sempre di Apogeo, ho avuto pochissime interazioni, ma gli sono molto grato per aver scelto me tra i pretendenti – a oggi non so ancora perché. Francesca Linsalata, che mai ho conosciuto, ha impugnato la penna rossa e redatto il libro (chissà che voto mi darebbe, se sarebbe clemente come il Maestro Manzi?).
Marilù Celenza, anch’essa sconosciuta, ha impaginato il tutto con rigore e grazia.
Franco Amicucci e Antonio Fini hanno scritto due prefazioni per me commoventi, eccezionali, inaspettate.
Come sarà chiaro anche dal colophon, la persona che più di tutte ha messo mano a questo libro, tanto da diventare, con il suo contagioso e inesauribile entusiasmo, co-autrice di diversi capitoli e revisore di quasi tutti, è Laura Barlassina, che dal 2017 forma, assieme a me e al già citato Stefano Menon, un trio di lavoro consolidato e pronto a tutto. A lei, alla sua pazienza, curiosità e rigore vanno grandi e sentiti ringraziamenti.
Ve ne sono altri verso persone che, bontà loro, con l’e-Learning hanno per fortuna poco a che fare, ma che mi hanno consentito di portare a termine questo lavoro. Paola e Riccardo, che mi hanno ospitato per mesi nella loro meravigliosa casa di Barcaglione, con una generosità rara e apparentemente inesauribile. Come sempre, i miei genitori mi hanno supportato anche in questa nuova impresa, come hanno praticamente fatto in ogni cosa da quando mi hanno messo al mondo nel luglio del 1974. Ma è stata mia moglie Gaia, redattrice presso un altro marchio di questo stesso Gruppo editoriale, che mi ha prima segnalato la chiamata alle armi di Apogeo per trovare un autore a un ancora fumoso Manuale dell’e-Learning, per poi mostrarsi molto sorpresa quando ho deciso davvero di propormi, e ancora di più quando sono stato scelto. “Non pensavo proprio ce l’avresti fatta, sai?”: i suoi incoraggiamenti (come intuite non esattamente a buon mercato) ma soprattutto la sua inesauribile intelligenza sono stati la guida lungo tutto, ma proprio tutto il percorso di progettazione e stesura del libro. Inoltre ha fatto scendere una severa mannaia redazionale sui Capitoli 1, 3 e 15, il cuore del libro.
Un’ultima parola va alle mie due bimbe, Olivia e Nora, che hanno subìto l’assenza del
proprio papà più a lungo del solito, poiché impegnato in mansarda a “scrivere il libro”. È a loro che dedico questo lavoro, proprio perché spero con tutto il cuore che, comunque andranno le cose, l’insegnamento dalla scuola al mondo del lavoro potrà avvenire in modi quanto più possibile relazionali, dove le opportunità del digitale verranno sfruttate per rendere le persone empatiche e non solo efficienti, perché l’innovazione resti al servizio della felicità umana.

La postazione dalla quale ho scritto la più parte del libro, con fortunata vista sull’Adriatico (non è casa mia). Non si vede, ma sotto c’è un vecchio stereo degli anni ’70, sul quale ho ascoltato le uniche musiche che non mi rendevano la concentrazione impossibile: ISAN, John Fahey, Stereolab, Øyvind Torvund, Don Cherry e Richard Skelton, che altresì ringrazio come subliminali fonti di ispirazione.